QUARANTAQUATTRO GATTI, CINQUANT’ANNI

QUARANTAQUATTRO GATTI, CINQUANT’ANNI

QUARANTAQUATTRO GATTI, CINQUANT’ANNI di Cesare Borrometi

Era il tardo pomeriggio di lunedì 18 marzo 1968 quando, al Teatro-Studio dell’Antoniano di Bologna, inaugurato l’anno prima, stava per concludersi la seconda giornata del decimo “Zecchino d’Oro”, l’attesissima “Festa della canzone per i bambini” sapientemente guidata da Mago Zurlì-Cino Tortorella, con l’ausilio immancabile di Peppino Mazzullo nei panni di Richetto, l’eterno scolaro di terza elementare, e di Mariele Ventre alla guida del Piccolo Coro dell’Antoniano. In gara dodici canzoncine, divise in due gruppi da sei per le prime due trasmissioni, in attesa di riascoltarne poi otto nel decisivo pomeriggio di San Giuseppe.
Dal sogno di diventare come Leonardo alle vicissitudini di Sitting Bull (“in italiano Toro Seduto”) narrate in tono fiabesco, dal topo Zorro a Coriolano allegro caimano, fino alla deliziosa storiella della bambina che pasticciava sulla macchina da scrivere paterna digitando “Tinta e ghiri” anziché “Tanti auguri !”, sembrava tutto d’ordinaria amministrazione, quel giorno. Quand’ecco spuntare poi una graziosissima creatura di nome Barbara, proveniente dal Friuli ed emozionatissima, come si conviene quando, in tenerissima età, un implacabile occhio rosso uscito da un mostro di nome telecamera si impadronisce di te, del tuo carattere e della tua prontezza di riflessi per trasformarti, in pochi minuti, in personaggio o in nulla. Intervistina di rito, poi il Maestro Gino Bùssoli diede l’attacco al complesso musicale: un breve tempo di marcia e quindi… via con il canto !
Sembrava la solita favola in canzonetta a livello zoologico, cui i piccoli teleutenti nonché consumatori di quarantacinque giri nei voraci mangiadischi a pile erano ormai abituati, ma, andando avanti, tra le strofe lente e discorsive e la marcetta del ritornello, si avvertiva che c’era qualcosa di più, c’era un misto di Esòpo, Fedro e La Fontaine, debitamente in linea con l’attualità. Insomma, da una canzone per i bambini emergeva un chiaro messaggio per giovani e adulti, mancava solo la classica chiosa esopiana “O mytos dèloi oti…”. Evidentemente il Maestro Casarini, un pianista da night-club che girava il mondo assieme alla moglie contrabbassista e cantante, nell’elaborare testo e musica di questo motivetto, voleva dire la propria sulla voglia di ribellione, sulla ricerca del mondo migliore cui i giovani già da un paio d’anni o tre si affannavano, con capelli lunghi e minigonne come “divise” d’occasione, e sulle migliori condizioni di studio e di lavoro richieste da baccellieri e operai. Già le Università erano occupate da mesi, mentre si preparava quello che, un anno e mezzo dopo, sarebbe stato l’ “Autunno caldo”. La metafora di questi quarantaquattro gatti che rivendicavano “un pasto al giorno, e all’occasione /poter dormire sulle poltrone” ottenendo in cambio dai loro piccoli padroni la libertà di tirar loro la coda, manifestando anche in corteo (ovviamente “in fila per sei col resto di due”) era perfetta, calibrata in un contesto “per famiglie” e con una musichetta accattivante, per descrivere ciò che era l’Italia di un Sessantotto praticamente appena iniziato e destinato a far storia, anche per gli influssi del “Maggio Francese”, arrivando quasi a scalfire il ricordo di quando, già dodici mesi prima, nel Sessantasette, il clima di ribellione e contestazione giovanile (e non) era già ben definito, almeno dalle nostre parti.
Alla fine “Quarantaquattro gatti” vinse, sul filo di lana (superando allo sprint “Il valzer del moscerino” cantato da un’altra graziosa bimba di nome Cristina D’Avena), il piccolo certame musicale… e i bambini di tutta Italia, senza saperlo, ebbero la loro “Contessa” da cantare, con i più teneri amici di grandi e piccini, i nostri adorati e adorabili micetti, a fare le veci dei “compagni dai campi e dalle officine…”, con il vantaggio, rispetto alle dure strofe di Paolo Pietrangeli intonate dai grandi, di mettere d’accordo tutti, senza barriere e senza pregiudizi di sorta.
Riascoltiamo allora insieme, per l’ennesima volta e con grandissimo piacere, la voce dell’allora piccola Barbara Ferigo di Gorizia in “Quarantaquattro gatti”:

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