Valter era un ragazzo di quindici anni con le mani già segnate dalla farina e dai gesti del mulino. Aveva imparato presto il ritmo del lavoro, con la pazienza dei chicchi di grano che si lasciano macinare. Eppure, dentro di lui viveva ancora il canto leggero di un’infanzia che non si era mai spenta. Quando parlava dello Zecchino d’Oro, la voce si faceva lieve e melodiosa, quasi come se le note di quel brano risalissero dal cuore, liberandosi nell’aria come un soffio di vento tra le pale del mulino.
Oggi, quel mulino ha perso un suo piccolo ma tenace ingranaggio. Valter se n’è andato, ma l’eco della sua voce rimane, a metà tra il rumore del grano che cade e il suono di una canzone che non smette mai di risuonare.
Francesca Bernardi
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