Lo Zecchino è casa, è famiglia, è essere piccoli, è l’attesa di un anno intero, è annunciare che sta per arrivare e che tra una settimana la tv è prenotata; è il buio che arriva presto perché siamo a novembre, è il latte al cacao con i biscotti che la mamma porta eccezionalmente davanti alla tv, perché sa anche lei che
dallo Zecchino non ci si stacca per la merenda. È il papà che compra il “TV Sorrisi e Canzoni” solo per farci avere i testi e le foto dei solisti e le cui pagine sgualcite sono tutt’ora tenute gelosamente. È la mamma che dice di tenere la porta che collega sala e cucina aperta così può sentire le canzoni anche lei.
Lo Zecchino siamo io e mia sorella che chiamiamo una bambina del coro Laura solo perché assomiglia straordinariamente ad una mia compagna di classe (in seguito scoprirò che si tratta di Raffaella P) e siamo sempre io e mia sorella che ogni anno cerchiamo questo e quel viso esclamando “c’è ancora!!”.
Lo Zecchino del 1981 è il mio zecchino. Il primo che ricordo, avevo 4 anni. Quelli precedenti li ricorda mia sorella più grande, io no, anche se li ho ascoltati tanto. Il mio primo disco (ereditato) è quello di Umpa-pà. Negli anni ’70 non usciva solo l’LP intero, ma anche i 45 giri con 4 canzoni. E io avevo quello con Umpa-pà, Tutto questo per un chiodo, Il concerto della città e Il gioco della rima. Quanto ho amato quel disco, rotto e che saltava!
In Trentino, nelle nostre piccole cittadine, non era facile trovare le cassettine dello Zecchino d’Oro. Ma mio padre ci registrava ogni anno le canzoni, collegando lo stereo alla tv. Tutta i miei album erano fatti in casa, con le canzoni dal vivo e gli applausi. Ma così belli, e solo in seguito ho cominciato a recuperarli tutti.
Lo Zecchino era guardare religiosamente tutte le trasmissioni legate all’Antoniano. Soprattutto Il Sabato dello Zecchino, di cui avevo ricevuto la tessera e il poster per aver risposto correttamente a un quiz!!! Lo zecchino era passare davanti alla Benetton 012 della mia città con gli occhi adoranti perché c’erano i vestitini del Piccolo Coro o dei solisti. E che profanazione avere una cuginetta maschiaccio a cui era stata regalata la divisa dello Zecchino 1989 (con la famosa gonnellina in tulle) e che aveva esclamato orripilata “Io quella roba non la metto”, prima di gettarla in fondo all’armadio.
Lo Zecchino era quel magnifico album con il Concerto di Primavera 1988, doverosamente chiesto in prestito a mia cugina…e mai più restituito (ehm…).
Lo Zecchino è il mio papà che ricorda Mago Zurlì. È la mia mamma che piegata dalle risate canta “Zia Nena”. È mia zia che dichiara il suo amore eterno alla canzone “Suor Margherita” dicendo che è meravigliosa e la fa piangere. E sono io che le rispondo (avevo 10 anni) “Ma dai!! Una canzone su una suora!! E poi che nome è Margherita?”. Incredibilmente 25 anni dopo ho chiamato mia figlia Margherita e quella canzone, che adesso comprendo appieno, mi commuove terribilmente.
Lo Zecchino era (ed è) una passione senza limiti, che tirava fuori quella parte di me più spontanea, libera e felice. Ma era anche qualcosa di cui era meglio non parlare man mano che si diventava grandi e i compagni smettevano di ascoltarlo. In quinta elementare, tornando da scuola, la mia migliore amica mi aveva chiesto quale canzone avessi preferito. “Cane e gatto!!!” avevo risposto con slancio, piena di entusiasmo. E lei, sprezzante, dall’alto dei suoi 11 anni, “Ma cosa dici?!?! Siamo grandi adesso!! Deve piacerti Noi, Noi, Noi!!! Cane e gatto è una canzone solo per i piccoli”. Ops. Da quel momento la mia passione per lo Zecchino divenne qualcosa di segreto. Ogni anno mi dicevo senza troppa convinzione “Ah, lo guardo ancora questa volta poi basta”. Il problema è che al momento ho 39 anni e lo guardo ancora, anche se con meno entusiasmo, perché come tutti quelli della mia generazione, è quasi inevitabile il confronto tra gli zecchini vecchi e quelli nuovi, che mi appaiono troppo patinati e luccicanti, e troppo poco da bambini. Forse sono le persone e i tempi che cambiano, ma io bevevo ogni singolo minuto dello Zecchino d’Oro, e con stupore vedo invece i miei figli che ascoltano per ore i cd e guardano i videoclip, ma rifiutano la trasmissione perché “è da grandi, mamma!”.
Lo Zecchino sono i cd, i video raccolti nel corso degli anni, i libri….ma soprattutto le amicizie strette e che durano nel tempo. Penso alla mia amica Simona, che in fondo non ho mai visto, ma che sento così vicina negli innumerevoli messaggi che ci scambiamo continuamente ormai da anni. Oppure a Elena, che tanto ammiravo quando era nel coro e con cui ora ho una bella amicizia e tanti interessi in comune. Penso ad Anna, mamma di una ex solista, amicizia calorosa nata per caso e durata parecchi anni.
E poi penso a Mariele, quella donna straordinaria. Quel giorno di dicembre del 1995 piansi a dirotto, come se fosse mancata una persona conosciuta.
Questa storia si chiude con me che sono diventata mamma di tre bambini, ognuno dei quali ha avuto una propria canzone dello Zecchino per addormentarsi. La primogenita “Ninna nanna degli animaletti”, il secondo “Lo gnomo Deodato” e il terzo “Kyro”.
Qualche settimana fa al lavoro dovevo allestire una mostra sulla donne che hanno fatto l’Italia (sono bibliotecaria). Senza esitare, in mezzo a Margherita Hack, Maria Montessori e Rita Levi Montalcini, tra lo stupore dei colleghi, ho inserito Mariele Ventre e il suo ultimo libro di lettere. Ho scritto una piccola scheda su di lei e dovevo scegliere una citazione. Dopo averci pensato sono giunta alla conclusione che una persona schiva e modesta come Mariele non avrebbe mai desiderato che qualche sua frase diventasse una citazione. A malapena riceveva i meritatissimi applausi. E così nella sua scheda, ho scritto le parole di Sara Casali: “La musica è un segreto, linguaggio universale, per dare una voce, a chi non può parlare”.
Paola
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