La storia di Ginetta Maria Fino

La storia di Ginetta Maria Fino

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Il mio incontro con lo Zecchino avviene nel 1964 quando avevo dieci anni; ero appena arrivata in Italia a Pescarola – quartiere d’estrema emigrazione ed emarginazione della periferia bolognese.
Diventai una bimba triste che adorava cantare e cantava sempre, ma la sua famiglia poteva sostenere solo il ”peso della famiglia” che consisteva nel soddisfacimento dei bisogni primari. Quella bimba vinceva gare a scuola, ma non poteva andare in palestra, le piaceva disegnare, ma i colori e gli album da disegno costavano troppo tanto che non potè frequentare l’istituto d’arte.
Cosa c’entra tutto questo con lo Zecchino o il Piccolo Coro?
Consapevole di quanto non poteva essere realizzato perché la sua famiglia non aveva ” possibilità” economiche e culturali, non osava neppure sognare. Ogni energia doveva essere spesa per il raggiungimento di mete possibili atte alla sopravvivenza.
Ricordo il mondo a parte in cui viveva, il mondo bello e dorato dello Zecchino, delle vacanze al mare, dei colori non era per lei.
Quella bimba vive ancora dentro di me.
Conosco e ho cantato al mio bambino – non sono certa del titolo ma del primo verso: ”Il pulcino ballerino” , ”Da grande voglio fare..” “Per un bicchier di vino” ”Il valzer del moscerino” ”Quando è l’ora di fare la nanna” ”Il caro nonno Asfrubale lasciò un’eredità..”
Mi chiedo se ci sono ancora bimbi che amano cantare, ma che vivono in quello strano mondo ” a parte” dove ”le cose belle” non possono essere sognate.
Mi chiedo se c’è una bimba da qualche parte qui attorno che ama cantare, che canta sempre, ma che non osa sognare perchè sa che i sogni fanno male.
Grazie.

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