Alla (ri)scoperta di popOFF!

Alla (ri)scoperta di popOFF!

Stasera avrei dovuto imparare il testo intergrale della canzone di Popoff, per le prove del coro con i Vecchioni di Mariele, perché ai concerti ne cantiamo sempre una versione ridotta, ma in realtà ho ripassato solo le prime strofe perché di popOFF ne scoprirò un altro, alla prima del concerto di Cristina Zavalloni e Paolo Fresu al teatro di Imola.

Arrivo in anticipo e resto incantata dalla meraviglia di questa perla finora a me sconosciuta: il teatro Ebe Stignani, nato nel 1812 come “Il teatro dei signori associati” e ribattezzato nel 1977 intitolato alla celebre cantante lirica; percorro i corridoi lunghi e stretti, restando a bocca aperta appena raggiungo la sala con le poltroncine rosso intenso, alzo lo sguardo e scopro i balconcini e un lampadario enorme in mezzo a miriadi di dipinti, mentre mi gongolo avvolta in un’eleganza mozzafiato, in una bellezza che annulla tempo e brutture. Il palco é pronto a riempirsi di magia…

Trovo il mio posto, riservato da Cristina e incredula mi siedo: seconda fila senza nessuno davanti! Poco dopo mi raggiungono Maria Antonietta Ventre accompagnata da tre coristi dei Vecchioni di Mariele: mia sorella, Angela e Giacomo, che rendono l’atmosfera ancora più gioiosa.

Buio in sala, buio dentro, nella ricerca della totale concentrazione per entrare in un mondo divino, quello della musica. Entrano i musicisti (Cristiano Arcelli, il Quartetto Alborada, Dino Rubino e Marco Bardoscia) appesi ai loro strumenti di fatica e di piacere che di lì a poco li catapulteranno in una dimensione parallela mentre mi domando come ognuno di loro stia vivendo questo istante. Per ultimi entrano Paolo Fresu e Cristina Zavalloni e ha inizio lo spettacolo “popOFF!” che preferisco definire viaggio. Le canzoni le ho già ascoltate tutte dal web ma stasera sono qui per “sentirle” oltretutto cantate da quella ex bimbetta che cantava al Sabato dello Zecchino, manciate di anni fa (quando subentró il padre come direttore artistico) con uno stile lontano anni luce da quello che avevo imparato negli anni della mia militanza nel Piccolo Coro diretto da Mariele Ventre.  Parte un assolo al pianoforte con “Quarantaquattro gatti”, e il primo brano cantato é “Il valzer del moscerino” che vola leggiadro tra le note, seguito da “La ninna nanna del chicco di caffè”, completamente trasformata negli arrangiamenti e nel ritmo; un brano troppo radicato nella mia storia familiare e musicale, considerando che nel 1970 fu proprio mia sorella Barbara ad interpretarlo e che é stato la colonna sonora costante per centinaia di sere, nell’addormentamento dei miei figli. In realtà questo rappresenta per me il brano di rottura tra il passato e il presente e mentre Maria Antonietta annuisce soddisfatta, io devo fare uno sforzo più grande per lasciarmi andare a questa canzone rivestita da troppi strati.

Da qui in poi abbandono ogni resistenza e mi lascio trasportare dalle vibrazioni e dal gioco di Cristina che fa l’acrobata con la musica, salendoci sopra, a chinino, cavalcandola, ridendo, tirando le note, stringendole, rendendo sue le canzoni . Gioca con i brani e con il corpo in quei movimenti alieni che appartengono a chi sta vivendo la musica dappertutto, in completa libertà. Le canzoni scorrono in un’energia benefica con guizzi di arrangiamenti geniali e motivi ritrovati che apprezzo e sono felice di sentirmi così, inondata dalla buona musica. Presto la massima attenzione perché non voglio perdermi nulla e osservo gli sguardi e i gesti tra i musicisti, supponendone la forte complicità che si evince anche dai loro discorsi al pubblico. Il primo a parlare é Paolo Fresu che racconta il progetto popOFF nato grazie ad un bando del Comune di Bologna come omaggio alla città e pensato da Fresu sulle canzoni storiche dello Zecchino d’oro in una veste jazz che possa riavvicinare gli adulti ad un tempo prezioso quello dell’infanzia; solo non capisco perché sia stato registrato nello studio della Fonoprint e non in quello dell’Antoniano e nemmeno perché la scelta delle canzoni sia ricaduta solo su quelle passate, considerando che la manifestazione esiste ancora continuando a proporre brani per tutti i gusti… Dalle parole di Fresu, mi sembra d’intuire che per lui le canzoni dello Zecchino d’Oro, abbiano avuto rilevanza da quando é diventato padre, infatti il suo ricordo più radicato risale all’ascolto della canzone “Il pulcino ballerino” in occasione di una vacanza in cui il figlio voleva ascoltarla allo sfinimento. Probabilmente la dislessia del figlio, legata all’attaccamento per quel brano, ha fatto entrare Fresu nella profondità delle canzoni dello Zecchino (non tutte eh?!). Chissà se questa mancata affezione infantile possa aver rafforzato o complicato il suo lavoro, certamente differente per Cristina che ha dovuto fare i conti col suo passato adolescenziale, quando iniziò a cantare nelle Verdi Note e col suo presente familiare di un padre ingombrante nelle competenze e nel protagonismo.

Dopo i discorsi tornano le canzoni ed io ho deciso che “Non lo faccio più” ma è più forte di me e voglio salire ancora sulla “giostra del carillon” dove incontro “Il pinguino Belisario” che mi accompagna a gustare “Il caffè della Peppina”, arrivando fino al fiume Don dove mi aspetta “Popoff” per salire sulla gobba del “Katalicammello” mentre scrivo una “Lettera a Pinocchio” raccontandogli che “Volevo un gatto nero” anzi, no, ne voglio “Quarantaquattro gatti” ma in fila per sei col resto di due… che canto a squarciagola sul finale del concerto.

A un certo punto della serata, Cristina saluta gli amici specificando che sono presenti in sala “amici illustri” come la sorella di Mariele Ventre e soprattutto i detentori del verbo di queste canzoni, cioè coloro che le cantarono in origine, i solisti delle prime versioni e spera che passi l’amore con cui hanno fatto questo progetto! E l’amore passa, eccome! trafigge spalancando le porte, del passato e del presente, creando una corrente d’aria piena di nuove sensazioni che spaziano dalla familiarità alla scoperta, scecherando forte i sentimenti. Ma come tutte le belle favole a lieto fine anche questa volge al termine però non prima di aver fatto i complimenti a Cristina, quella adulta grandiosa e quella bambina che sognava di cantare allo Zecchino d’Oro…

Francesca Bernardi


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