Una enorme terapia di gruppo basata sul ricordo e sulla musica

Una enorme terapia di gruppo basata sul ricordo e sulla musica

Ebbene si, c’ero anch’io!
Ho avuto la possibilità e la fortuna (ma questo lo avrei realizzato solo ad evento concluso) di assistere al docu-concerto Zum Zum Zum, il 2 dicembre scorso. La mia presenza a Bologna era dovuta al fatto che il giorno precedente avevo partecipato alla puntata finale dello Zecchino D’Oro, in quanto era stato riproposto, nell’ambito di un quiz, uno spezzone di filmato della mia esibizione originale alla nona edizione dello Zecchino del 1967, quando avevo cantato “Un milione di anni fa”, ben 51 anni fa. In realtà avrei dovuto partecipare alla puntata precedente dello Zecchino, quella della settimana precedente, ma poi la cosa era sfumata per modifiche alla composizione della trasmissione stessa. Ed in previsione del mio viaggio a Bologna poi sfumato, avevo anche chiesto a Francesca Bernardi, anima di Zum Zum Zum, se ci saremmo incontrati per salutarci, ma lei mi aveva bellamente snobbato dicendomi che era oberata di lavoro. Poi dopo ho capito che era nel pieno dell’organizzazione finale della sua nuova creatura, e che non l’avrebbe abbandonata per nulla al mondo. Quando poi dalla Rai e dalla redazione dello Zecchino mi hanno chiesto se fossi stato disponibile nuovamente per la puntata della settimana successiva, quella finale in cui si decretava la canzone vincitrice, ho subito pensato che avrei potuto a questo punto allungare la mia permanenza a Bologna di un giorno per poter assistere a Zum Zum Zum. E’ stata più di una casualità, più di colpo di fortuna per vedere alcuni dei vecchia amici dello Zecchino, posso dire ora che il destino mi aveva offerto un’ opportunità da non tralasciare.

Già la location, il Museo della Storia di Bologna, era intrigante di per se, ma tutti gli indizi che la locandina dell’evento mostrava, dal titolo Zum Zum Zum ripreso da quello di una vecchia trasmissione televisiva nonchè di un film, alla definizione dell’evento stesso come “docu-concerto” mai sentita prima eppure così esplicativa, al sottotitolo “Zumando dal piccolo coro ai Vecchioni di Mariele” che sapeva di ricerca dei dettagli e di viaggio nelle pieghe della storia, erano forieri che quello a cui avrei assistito sarebbe stato un viaggio nell’emozione e nel tempo.

Mentre il pubblico numeroso si sistemava nel salone del museo (tra loro diverse personalità importanti e famose) ho avuto modo di incontrare e di salutare la mitica Liliana, presenza storica dello Zecchino, Maria Antonietta sorella di Mariele e testimonianza vivente del lavoro e della passione della sorella ed il mio caro amico Popoff, Valter Brugiolo, mio compagno di avventure allo Zecchino del 1967 oltre ad esserne il vincitore.

  

Eppoi c’erano loro, i “ragazzi” del coro, con la loro energia palpabile, schierati sulla pedana a ritoccare gli ultimi dettagli. E lì ho provato un po’ di sana invidia per loro, avrei voluto essere anch’io tra loro a condividere quella fatica e quella gioia.

Ma finalmente lo spettacolo è cominciato. L’inizio mi è sembrato un tuffo in un cinegiornale del passato, rigorosamente in bianco e nero, con la voce narrante ufficiale e rigorosa. Una dietro l’altra scorrevano foto e pezzi di filmati che raccontavano la storia del piccolo coro dello Zecchino, con particolari inediti ed immagini che si alternavano ai brani eseguiti dal coro dei Vecchioni, in una successione crescente di canzoni ed emozioni.

I veri protagonisti erano loro, i Vecchioni, ex coristi bambini, con lo stesso entusiasmo di qualche decennio prima, alcuni con le stesse movenze e con gli stessi sorrisi di una volta, frutto del rigore e della dolcezza di Mariele. Il tempo, quello della narrazione storica e canora, scorreva rapido toccando le canzoni della nostra infanzia, conservate intatte nei cuori e riemerse all’improvviso sulla bocca di tutti, quasi come se stessero pronte lì, aspettando solo di essere cantate. Ma un altro tempo, quello del pubblico, cercava di cristallizzarsi e di fermarsi intorno alla gioia dell’ascolto, per renderla la più lunga e persistente possibile. Si vedeva che stavano bene tutti insieme, i Vecchioni, che erano fieri di stare lì, si capiva che erano i marinai di una nave che stava trasportando emozioni ed entusiasmo.

Alla fine un lungo e sentito applauso ha sottolineato il successo della serata, che si è rilevata un’iniziativa molto interessante e soprattutto ben sviluppata. Quello che ha funzionato è stata l’idea di far riemergere un pezzo del passato di coloro che hanno assistito alla narrazione. Anch’io mi sono sentito parte di una memoria, di una storia comune a tanti ex bambini ormai adulti. Una enorme terapia di gruppo basata sul ricordo e sulla musica. Semplicemente geniale.

Ho apprezzato la cura maniacale, la determinazione e l’affetto messi in campo da Francesca per questa avventura. Chi un po’ la conosce sa che nulla può fermarla e che se crede in un’idea certamente la realizzerà. Valter (Popoff) ha detto che “questo è uno spettacolo che dovrebbe girare i teatri, le scuole, le parrocchie perché avrebbe tanto da dire e da insegnare ai bambini, ai ragazzi ed anche agli adulti” ed io sono assolutamente d’accordo con lui. Ma io mi spingerei oltre, a questo punto perchè non pensare in grande? Francesca, a quando un vero e proprio musical in tournè per l’Italia, sviluppando una storia con i Vecchioni, con le canzoni dello Zecchino e con qualche ex bambino ospite qua e là, in base alle città toccate? Pensaci!

Fulvio Gelato
L’INTERVISTA DOPPIA…

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