La storia di Patrizia Ottonello

La storia di Patrizia Ottonello

 

Ciao a tutti, sono Patrizia Ottonello. Oggi ho 38 anni: nel 1985 ne avevo 6 quando partecipai alla 28° edizione dello Zecchino d’Oro interpretando “Bit”, la canzone che vinse lo Zecchino d’Argento e la “G” d’Oro per il miglior testo, premio messo in palio dalla rivista “Il Giornalino”. L’avventura iniziò per gioco: le suore dell’asilo che frequentavo suggerirono a mia madre di provare con lo Zecchino d’Oro, viste le mie spiccate doti canore ed interpretative che emergevano durante le recite natalizie. Non ho che ricordi sbiaditi di quel lontano periodo, ravvivati dai racconti di mia madre, dalle fotografie ed dai video sopravvissuti. Ricordo le selezioni regionali a Genova, dove insieme ad altre 3 bambine fui scelta per le selezioni di Bologna. Ricordo che non avevamo i soldi per comprare un bel vestito “di scena” da portare a Bologna, e che indossai per l’occasione un paio di jeans e una maglietta bianca con la scritta “Zecchino d’Oro”.

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Ricordo che non capivo perché mia madre piangesse la sera che annunciarono i nomi dei bambini selezionati per cantare in trasmissione. Ricordo che portammo tutti a casa delle audiocassette con le nostre canzoni cantate da Cristina D’Avena, ed all’inizio della registrazione la voce di Mariele che ci spronava ed incoraggiava affinché le imparassimo al meglio.

Ricordo che non avevo la minima idea di cosa fosse un computer, anche se la mia canzone (all’epoca molto futuristica) parlava del mio rapporto con “Bit”, una macchina perfetta ma senza emozioni, alla quale volevo insegnare sentimenti come “affetto” ed “amore”. Ricordo gli autori della mia canzone: i baffi e la pipa del maestro Giordano Bruno Martelli, la dolcezza di Alessandra Valeri Manera,

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Alessandra Valeri Manera

che sarebbe diventata di lì a poco la più grande autrice di sigle di cartoni animati in Italia. Ricordo (e come non ricordarla) la meravigliosa Mariele Ventre, incredibilmente capace di far cantare in un italiano impeccabile perfino un bambino giapponese. La ricordo sempre sorridente mentre, tirandosi gli angoli della bocca, cercava di far sorridere anche noi. Ricordo “We are the world” intonata all’inizio della puntata dai bimbi del Piccolo Coro tutti colorati nelle loro tute Benetton 0-12, le bandierine internazionali nelle nostre mani mentre marciavamo entrando in studio, la clamorosa figuraccia che feci perdendo una scarpa in Eurovisione. Ricordo che Cino Tortorella mi prese bonariamente in giro in diretta per la mia marcata cadenza genovese, confessandomi che essendo anche lui ligure (era originario di Imperia) era felice di sentire un accento “familiare”. Ricordo che nel paesino in cui abitavo all’epoca (meno di 5.000 anime) furono portati dei televisori addirittura all’interno delle attività commerciali affinché nessuno perdesse l’evento. Ricordo che la sera in cui proclamarono “Bit” vincitrice dello Zecchino d’Argento chiesi a mia madre “Chi ha vinto?” perché non mi ero resa conto di nulla: avevo il mio peluche Trudi a forma di lupacchiotto ed il mio secchiello colmo di Didò come tutti gli altri, avevamo ricevuto tutti lo stesso premio, perché la gara era fra canzoni e non fra bambini.

Lo stesso anno fui convocata per rappresentare l’Italia e lo Zecchino d’Oro in una manifestazione canora internazionale per bambini nell’isola di Cipro (in realtà doveva partecipare Alice Lenaz, interprete della canzone vincitrice dello Zecchino d’Oro, ma nel momento in cui dovette rinunciare per motivi personali, la scelta ricadde su di me); l’anno successivo, invece, in Bulgaria. Ed in entrambe le occasioni ebbi l’onore di essere accompagnata da Mariele. Da allora la musica ha sempre accompagnato la mia vita ed è rimasta una delle mie più grandi passioni. Sono molto felice di aver partecipato allo Zecchino d’Oro in un’epoca in cui il mondo della televisione non aveva ancora fatto prepotentemente irruzione nella vita reale, lasciando noi bambini liberi di vivere un’esperienza del genere con una spensieratezza ed una genuinità che oggi sarebbero impensabili.

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