Una magia che non finirà mai

Una magia che non finirà mai

Mi è sempre piaciuto cantare. Da quando avevo 2 anni, insieme alla mia gemella, cantavamo le canzoni che mia sorella maggiore ascoltava sul giradischi e fu proprio per questo motivo che una amica della mamma che conosceva la signorina Mariele, propose di portarci all’Antoniano per una audizione. Mia madre era riluttante ma, data l’insistenza, ci accompagnò un pomeriggio nella stupenda casa di Viale Oriani per una prova. Davanti a quell’enorme pianoforte nero cantammo una canzone del quinto Zecchino d’oro, “ i tre corsari” e non solo cantammo bene ma ci inventammo anche delle parole (c’è un corsaro giallo più giallo di un cavallo…).Mariele non se la sentì di affidarci una canzone da soliste (allora avevamo 2 anni e 7 mesi) così ci inserì nel coretto, un gruppo di 7 bambini che stavano sul palco (allora lo Zecchino si svolgeva nel cinema dell’Antoniano e non nello studio televisivo) per cantare i ritornelli delle canzoni in gara. Di canzoni ne imparammo 12, ci divertimmo moltissimo e da allora, quindi dal 1964, restammo nel coro dell’Antoniano.
Una esperienza fantastica non solo per la parte prettamente canora ma soprattutto per gli innumerevoli aspetti formativi che stare in un coro determina: l’organizzazione dei compiti (le lezioni erano quotidiane dalle 17 alle 19), la velocità nel quotidiano, la empatia immediata per le persone e soprattutto lo sviluppo e il potenziamento della memoria , fondamentale per la mia professione (medico)e per lo studio.
La signorina Mariele pretendeva , soprattutto nel periodo dello Zecchino, che imparassimo i testi di 3 canzoni al giorno per 4 giorni consecutivi. Non sapere le parole non era ammesso, si “prendeva la multa “ di 100 lire e, pertanto, tutti eravamo pronti e sicuri. E’ stato un periodo di successi non solo per gli aspetti di grande notorietà e visibilità televisiva ma per il contesto in cui tutto si svolgeva. Ricordo che per la registrazione di Canzonissima nel 1968, rimanemmo a Roma per 4 giorni frequentando la mensa della RAI dove si potevano incontrare tutti gli attori dell’epoca (con grande gioia delle mamme), ed ho ancora vivo, il ricordo dei pranzi tra noi bambini nel refettorio dei poveri dell’Antoniano dove, davanti ad un gustoso piatto di maccheroni, capitava che Padre Berardo, fondatore del coro insieme a Mariele, passasse con il vino rosso e “macchiasse” l’acqua nel bicchiere a chi, quel giorno era stato più attento o diligente. I genitori facevano “gruppo” e tra loro si era instaurata una amicizia che andava ben al di là della necessità di trascorre insieme le ore delle lezioni; noi bambini, assolutamente lontani da manie di protagonismo, ci divertivamo a formare piccoli clubs di 4-5 persone (il club del medaglione, il club delle colombe il club dei moschettieri…) come se ci trovassimo in una Hogwarts ante litteram . Era magia pura quella che usciva dalla mani di Mariele, eravamo incantati dal suo modo di essere dolce e severa al tempo stesso, era in grado di produrre un sortilegio potente e benefico che ci rendeva uniti e felici, cercavamo quegli occhi “magnetici” e, nel vederli, ci sentivamo sereni. I viaggi per le tournée erano frequenti (ogni settimana circa cantavamo fuori Bologna) e, per quanto mi riguarda, arriviamo al 1971 quando, dopo il viaggio in Israele, di cui serbo un fantastico ricordo, si decise che ero diventata “vecchiona” e dovevo lasciare il coro. Per un po’ ho affiancato la commissione nella scelta delle canzoni dello Zecchino, poi lo studio, l’università e la professione mi hanno allontanata dall’Antoniano, fisicamente ma mai dal cuore.

A giugno di quest’anno, dopo un periodo particolarmente difficile, ho cominciato a frequentare il coro dei “vecchioni”, spinta dalla assidua e costante sollecitazione della mia amica Renata. Le prove, i concerti benefici, la scoperta di avere ancora una voce adatta a cantare, mi hanno resa felice e rendono quella ore un appuntamento tra i più attesi della settimana. Quando ci troviamo il giovedì, nessuno veste le proprie divise da lavoro…siamo di nuovo quei bimbi con la divisa (la più bella era quella di pizzo azzurra) allegri e spensierati di allora. Ed è ricominciata la magia…

Paola Todeschini


La canzone “Viva la gente” del 1968 è la versione italiana di “up with people”, l’inno ufficiale del movimento “Sing-Out” nato in America come matrice kennediana e diffusosi in tutto il mondo. Parla dell’amicizia, della fraternità e dell”ottimismo che devono unire tutti gli uomini.

1 comment

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  1. Lorella

    23 Marzo 2020 at 13:14

    Cara Paola, magnetismo, amicizia , fratellanza e tanto ancora ci ha uniti per sempre!💖grazie a Mariele , Pasre Berardo e tutti coloro che hanno reso la nostra vita così speciale! Con grande affetto lorella

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