Sono grato all’Antoniano di avermi formato e di avermi permesso di essere un pezzo del puzzle.

Sono grato all’Antoniano di avermi formato e di avermi permesso di essere un pezzo del puzzle.

29 GIUGNO 2019  ore 07.50
Sto per atterrare, sono molto stanco e non so se riuscirò a scrivere un pensiero in giornata sul docu-concerto, come avevo promesso a Francesca. Ci provo, vediamo cosa esce!
Sono di ritorno da New York, e mi aspettano diverse ore di volo, ore in cui la testa avrà modo di fermarsi finalmente un attimo per riflettere e pensare ai momenti vissuti di recente tra una corsa e l’altra: la vita è un bel puzzle, spesso la definisco un “caffè della peppina” per intendere un minestrone simpatico e un po’ strano, in cui dentro c’è davvero di tutto, in ordine apparentemente sparso! Appena scenderò avrò poche ore di tempo per sistemarmi e fiondarmi al San Luca Summer, dove con Le Verdi Note terremo un concerto. Un tour de force, l’ennesimo: quanti ne ho fatti da quando ero bambino! L’ultimo è stato proprio due domeniche fa quando, appena tornato da un altro spettacolo con Le Verdi Note in Calabria, dopo aver viaggiato ancora una volta in aereo, ma più piccolo di quello in cui sono ora, mi dirigo di corsa all’Antoniano per il docu-concerto “Zum Zum Zum: zoomando dal Piccolo Coro ai Vecchioni di Mariele”. Ci tenevo tantissimo, e non volevo perdermelo in alcun modo. Anche questo è stato un viaggio, ma questa volta non ero seduto su una poltroncina, non ero né in areò ne in un pullman gremito di compagni di avventura, ma ero seduto comodo sulle piccole poltroncine rosse dello Studio Televisivo. Quello Studio Televisivo, attorniato da tante care persone di ieri e di oggi. Lo Zecchino d’Oro – penso – non sarebbe lo stesso altrove. A guidare, questa volta, non c’è un pilota in abito formale o un autista sconosciuto, ma ci sono i “Vecchioni di Mariele” che cantando ripercorrono in musica la loro vita all’Antoniano, che è quella del “Piccolo Coro”, che è anche un po’ la mia.
Tra una canzone e l’altra la mia mente evoca momenti, immagini, emozioni forti e contrastanti. Quella più ricorrente è la gratitudine. Sono grato all’Antoniano di avermi formato e di avermi permesso di essere un pezzo del puzzle. Se sono qui è grazie a questo viaggio testimoniato dai Vecchioni che, più di tutti, mi ha cambiato la vita sotto diversi punti di vista. I Vecchioni intonano un repertorio che spazia su ogni genere: si parte dalla sigla televisiva “Ciao amico”. Ma quanto era avanti questa canzone? Oggi più di allora – penso – abbiamo ancora bisogno di carpire il suo significato, tutti. Il viaggio prosegue tra canzoni celebri dello Zecchino passando per brani di bravura del repertorio del Piccolo Coro di allora. Per ogni brano, in maniera contestuale, vengono proiettate video e foto testimonianze storiche. Quanta vita, quante stazioni e aeroporti in questo viaggio!
Molte esperienze, anche se non ero ancora nato, è che come se le avessi vissute anche io. Forse c’è un filo conduttore invisibile che lega i bambini del Piccolo Coro, di ieri, di oggi e di domani? Mi domando.
Poi arriva “Non abbiate paura”, tra gli ultimi brani studiati con Mariele quando ero bambino. I Vecchioni hanno scelto di interpretarla su un’incisione di Cino che, nelle strofe, interpreta un testo scritto da Papa Giovanni Paolo II. È ufficiale: mi commuovo. Dietro questa canzone e quelle parole… un mondo.
In quel momento mi rendo conto del “caffè della peppina” che ho dentro a livello emotivo: ogni brano, ogni momento, ogni arrangiamento, porta con sé un pacchetto carico di emozioni di ogni genere. La gioia è quella più ricorrente insieme alla gratitudine, ma anche rabbia per le ingiustizie del mondo e il dolore per chi soffre. Poi arriva la speranza che ti riappacifica con la vita, che a volte diamo scontata, a cui si unisce la leggerezza di chi, sapendo di fare qualcosa di grande, non vuole prendersi troppo sul serio.
La leggerezza è una cosa che ci ha accomunato tutti, noi bambini cresciuti nel Piccolo Coro. Zoomando in qua e là, mi rendo conto per l’ennesima volta di quanti appuntamenti con la Storia, quella con la “S” maiuscola, hanno visto partecipare il Coro. Te ne rendi conto da grande, allora era tutto normale. Ma di normale non c’era niente, e anche qui la gratitudine torna in campo.
Lo Zecchino d’Oro non è mai stato un programma per bambini, mi confermo per l’ennesima volta, mentre ascolto. La grande Mariele insieme a Padre Berardo sono stati dei maghi a farci credere il contrario.
Lo Zecchino, ancora oggi, racconta la vita, quella di tutti, con la spontaneità e gli occhi dei bambini. Quei bambini che due domeniche fa erano ancora lì, un po’ cresciuti, con qualche ruga in più, ma con la stessa leggerezza di allora e un messaggio importante da condividere.
Alessio Zini
I SALUTI DI ALESSIO SUL FINALE DI ZUM ZUM ZUM
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