SEGNI E SOGNI

SEGNI E SOGNI

Ieri sono successe molte cose.
Ho deciso di mettere fine alla storia che ho scritto: MI MU MA, di Mio, di Musica, di Mariele, il diario che racconta la mia infanzia all’Antoniano. Ero perplessa perché ogni volta che la rileggevo mancava qualcosa o c’era troppo. Poi ho aperto la posta e ho ricevuto una mail da una signora che gentilmente mi ha fatto un dono: un video del coro mai visto che risale al lontano anno in cui andammo alle Canarie. Con il cuore in gola l’ho guardato e ho capito che quello era un segno e non una semplice coincidenza. Così ho sistemato le ultime cose e chiuso definitivamente il racconto. E poi nel video cantavamo “I Tre Caballeros” che ho associato alla mia famiglia che mi accompagnerà la prossima settimana a consegnare la mia avventura…

Al pomeriggio sono uscita con la mia piccola tribù, vestita a festa. Perché anche vestirsi bene è importante e anche in casa ho smesso d’indossare stracci assurdi. Curarsi fa parte di una forma di bene e rispetto per sé stessi e per gli altri. Ho indossato la collana che avevo quando capii di aspettare mia figlia, come se aspettassi un’altra creatura…

La prima tappa è stata la torrefazione vicino a casa dove sono riuscita ad avere altri sacchi di juta per proseguire nel mio gioco creativo, dal signore, estremamente gentile, che ci ha anche fatto assaggiare dei chicchi di caffè. Dopodiché siamo andati in centro, alla ricerca di una copisteria aperta dove poter stampare la mia storia. Ne abbiamo trovata una efficiente ed economica in Via Mascarella. Così seduti in questo ufficio con la luce al neon, guardavo uscire le pagine con una gioia difficile da spiegare, come se finalmente mi stessi liberando di una parte di me, cui ero troppo attaccata da troppo tempo.
I bimbi sono stati pazienti e hanno vinto la noia riascoltando delle canzoncine, alcune rap piene di stupidaggini da sbellicarsi, registrate due anni fa. Una di queste: “LA SCOCCA E LA SCROCCA“…
E sentire quelle vocette lontane ha rotto la mia tensione, quella che mi assale quando mi butto in qualcosa di nuovo. I signori della copisteria erano molto disponibili e dopo un po’ è arrivata anche una signora con una bimba piccola nel passeggino che dopo qualche tentativo di calmarla col ciuccio, si è rassegnata prendendola in braccio. Così abbiamo conosciuto la piccola Sofia che sembrava salutarci con la manina. Poi la mamma l’ha messa davanti al computer e le ha fatto ascoltare delle canzoni per bambini. I miei figli mi hanno guardata con aria sorniona facendomi capire di non dire una parola sul coro…né il mio né il loro…perché come facevo io da bambina, loro non amano far sapere che cantano nel Piccolo Coro e io sono sempre strattonata da una parte, dall’orgoglio per la loro decisione e dall’altra dall’orgoglio di mamma nel farlo sapere. Sono stata zitta. Ma nonostante fuori ci fossero più di trenta gradi, mi è venuta la pelle d’oca. Le prime note che si sono diffuse nell’aria erano di una canzoncina francese poi di una del coro…un altro segno, certamente. Quindi, con le mie prime tre copie stampate, ho girato tutto il giorno, stringendole in braccio come un neonato in fasce. Poi per il centro ci siamo fermati sotto alle Due Torri in una bancarella di ambulanti, scambiando due chiacchiere con due tipi simpatici che vendevano bijoux e mi hanno regalato una piccola pietra portafortuna associata alla gola (gola/canto/musica) vabbè lo so sono matta ma io ci ho visto un altro segno. Il tipo con la maglia a righe poi me ne ha dato conferma dicendo che chi parla con Dio, prega ma se Dio parla con qualcuno allora è schizofrenico, perché dipende sempre da come si vogliono vedere le cose. Ed io sono proprio nel mezzo tra questa visione delle cose. In mezzo, dove dovrebbe essere l’equilibrio. Quindi ho preso la mia piccola pietra sempre più felice. E non me ne fregava niente dei negozi, dei saldi, dei mille vestiti che non bastano mai perché ero sazia di Gioia. Ho cercato solo del filo di juta per continuare a cucire borse e sogni.

Alla sera, rimasti in centro siamo finiti in Piazza Maggiore dove si svolgeva una manifestazione in occasione della strage di Bologna.

Ho avuto paura e per un attimo ho pensato di tornare a casa, poi la Musica mi ha attirato come miele e siamo rimasti, trascorrendo una bella serata, ascoltando l’Orchestra del Comunale da brividi e guardando vari balletti. Abbiamo assistito al Concorso 2 Agosto, promosso dall’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage alla Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980, dal Comitato di Solidarietà alle Vittime delle Stragi, dall’Associazione Concorso Internazionale di Composizione 2 agosto e dalla Fondazione Teatro Comunale di Bologna. Il Concorso si svolge da parecchi anni e concorrono musicisti nella scrittura di partiture per balletti. Questo è quello che ho capito e sinceramente sono rimasta perplessa quando cercando ulteriori informazioni, ho trovato un sito interamente in inglese. Vabbè, abbasso l’ignoranza però mi sembra eccessivo. Durante l’esecuzione ci siamo seduti sparpagliati e mentre guardavo e ascoltavo mi hanno attraversata mille pensieri.

Ho pensato tanto alla paura che accompagna ognuno e blocca, ferma, annienta.
E allora si sopravvive e i giorni passano.
Ho pensato al mio scritto che ho paura che non interessi a nessuno o che possa essere giudicato, criticato, denigrato e allora non avrei passato un pomeriggio così indescrivibile.
Ho pensato alla paura di diventare ridicola pensando ad un banchetto da ambulante per vendere le mie creazioni di juta e allora mi sarei fermata alle prime borse.
Ho pensato che avremmo potuto tornare a casa con la paura del gesto di qualche folle e invece no, abbiamo coronato degnamente la giornata.
Ho pensato che la vita è una e dev’essere vissuta.

Francesca Bernardi

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