Bologna, dichiarata dall’UNESCO Città Creativa della Musica, vanta una storia musicale unica e noi bolognesi siamo i primi a non conoscerla…. L’ispirazione dell’arte del jazz in Italia è nata grazie a personaggi come Nardo Giardina, Checco Coniglio, Pupi Avati, Lucio Dalla e …la Doctor Dixie Jazz Band.
Tra gli astri di marmo nella Strada del Jazz in via degli Orefici a Bologna, sfavilla la stella di Nardo Giardina, fondatore della Doctor Dixie Jazz Band.
Nata come band dell’Università, debuttò nel 1952 con il nome di Superior Magistratus Ragtime Band cambiando nome dverse volte: da Panigal Jazz Band, a Rheno Dixieland Band fino a diventare nel 1972 la “Doctor Dixie Jazz Band”.
Dalla fondazione a oggi la Doctor Dixie ha tenuto oltre 700 concerti in Italia e in Europa partecipando a numerosissimi Festival in Italia e all’estero, a trasmissioni televisive e radiofoniche, pellicole cinematografiche, registrando una trentina di LP, vincendo premi e vantando riconoscimenti prestigiosi.
Nel centro di Bologna esiste una cantina preziosa che invece di fare invecchiare il vino, mantiene giovane la Doctor Dixie Jazz band, la band amatoriale più longeva al mondo. Al numero 7/b di Via Cesare Battisti, un’ottantina di eletti possono partecipare come pubblico alla prova concerto mensile, tramite invito o dal sito.
All’ingresso, uno dei musicisti spunta la lista dei partecipanti e varcato il portone ci si addentra per una piccola discesa che porta alla cantina, una sorta di museo musicale tappezzato di foto, locandine, omaggi artistici (ho cercato invano quello del M° Ceregato) e copertine di dischi che testimoniano settantun anni della loro storia.
M’inorgoglisco scorgendo, appesa sopra al palchetto, la copertina della colonna sonora del film di Pupi Avati (ex componente della band) di Dancing Paradise, cui partecipò nel 1981 anche il Piccolo Coro dell’Antoniano.
Nonostante l’imbarazzo approfitto del largo anticipo e prendo posto in prima fila, felice come una Pasqua mentre il mio vicino mi rivela la sua soddisfazione nell’essere riuscito ad entrare dopo anni di tentativi.
Saluto timidamente Mister Coniglio che mi chiede come stanno andando le visualizzazioni della nostra intervista, bacio la dolce Angela Sette (cantante del gruppo ed ex corista delle Verdi Note) e il carissimo Stefano Donvito (il bassista).
Pian pianino la cantina si riempie e i musicisti raggiungono il palco con i loro strumenti: Checco Coniglio al trombone, Stefano Donvito al basso elettrico, Guido Guidoboni alla tromba e all’armonica, Luca Matteuzzi al piano, Umberto Genovese alla batteria, Andrea Scorzoni al sax tenore e soprano, Luca Soddu al sax alto e tenore, Andrea Zucchi al sax alto e baritono e Angela Sette, voce.
L’attesa è intrisa di gioiosità mentre mi guardo intorno incuriosita, scoprendo tracce dei racconti dettagliati di Checco Coniglio, letti nella biografia “Jazz Band” in cui l’urgenza per la musica diventa il filo conduttore della sua storia che è anche quella del jazz bolognese e internazionale.
Sulla parete di destra spicca il manifesto dalla grafica raffinata, del primo festival europeo di jazz che vinse la band a Cap D’Antibes nel 1960 con Tiger Rag, che di lì a poco verrà ricordato da Mister Coniglio nelle presentazioni tra un brano e l’altro.
TIGER RAG 1960 – CAP D’ANTIBES
Ai clarinetti Lucio Dalla e Pupi Avati, al trombone Checco Coniglio, alla tromba il fondatore della band Nardo Giardina, al piano Franco Franchini, al contrabbasso Maurizio Majorana e alla batteria Gianfranco Petrucci.
Improvvisamente la cantina si riempie di vibrazioni e oscillazioni musicali che muovono emozioni forti e inspiegabili che solo la musica può provocare. Dopo i primi minuti di stordimento, osservo le mani dei musicisti sugli strumenti, i loro gesti e piccoli cenni che parlano una lingua tutta loro, tenendoli collegati in un’insieme idilliaco e uniforme. Le loro espressioni facciali e le loro gestualità sono la prova lampante dell’astrazione alla realtà circostante, la salvezza temporanea alla quotidianità. La loro musica percuote l’apatia e invade la normalità, risvegliando una vitalità gioiosa mentre galleggio e vaneggio, ammirandone la magia di cui sono gli artefici. Suonano un brano dietro l’altro e anche se non sono culturalmente attrezzata per riconoscerne i titoli, capire i testi in inglese e coglierne le sfumature, ne faccio parte. Il tempo non esiste più se non nella ritmica dei pezzi mentre si rinnova la mia meraviglia. L’ascolto della loro musica mi muove sensazioni contrastanti di allegria, malinconia, voglia di ballare e di piangere sull’assolo all’armonica di Guido Guidoboni “Over the rainbow” dove i sogni diventano realtà.
Chiudo gli occhi sull’assolo di Mister Coniglio ritrovandomi in un luogo lontano e sfuocato dove vestita in abito da sera sorseggio un cocktail con leggerezza e poco dopo sulle note del brano frizzante, mi lancio sulla pista da ballo.
Poi torno sul pianeta terra, al riparo dalla luce nella cantina di Via Cesare Battisti, rinnovando il desiderio di tornare ancora per farmi provocare.
Una provocazione raffinata di gioia, energia e voglia di vivere…
E ora bando alle ciance, mettetevi comodi e ascoltate questa chicca!
Francesca Bernardi
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