La storia di Davide Ruiz Ricchiuti

La storia di Davide Ruiz Ricchiuti

MUSICA MAESTRO!

Succede tutto all’improvviso. Peter che accende le luci e i bambini che arrivano quando Daniela fa scorrere la pesante porta grigia laterale.
Hanno la fronte corrucciata per il timore, ma gli occhi spalancati per la bellezza di quello che sta per succedere. Perché se lo sentono che qualcosa di bello sta per succedere. E se non se lo dovessero sentire, io sono lì apposta. Non per dirglielo, ma per farlo succedere. E non sono solo. Ilenia e Francesca hanno preparato centinaia di animali, salvagenti, microfoni colorati, piante finte per creare una foresta vera, o almeno, vera per me. Perché per me diventa vero tutto ciò che per i bambini è reale. Quando Angela, dopo aver intervistato Susanna – 5 anni portati alla grande – le ha chiesto se avesse avuto voglia di giocare con l’elefante di peluche mentre Matteo preparava le schede per annotare l’edizione del girato, Susanna ha risposto che l’elefante era triste in quel momento, e che lei avrebbe preferito abbracciare un cavallo per cantare la sua canzone. Ho detto “hai ragione, e secondo me il cavallo sarebbe ancora più felice se indossasse le orecchie di un asino”, Susanna ha risposto “no! non è vero!”, ma io, sempre più convinto, “Susy! non me lo sto inventando, guarda!”. Florian, che nel frattempo aveva scattato una foto del cavallo con le orecchie di asino appoggiate sulla testa, proprio così come si vedeva dallo schermo della telecamera, l’ha mostrata a Susy e lei, con occhi taglienti e un attimo di pausa, ci guarda entrambi e dice, nella sua grammatica dolcemente imperfetta, “ma sembra che ride…” A quel punto mi sono girato verso Stefano e ho gridato “Musica Maestro!”.
Parte la canzone, Peter controlla il fuoco sul monitor di riferimento, io do’ un occhio al palco e un orecchio al testo della canzone, e corro da Alfredo perché, proprio mentre la musica va, ho avuto un’idea che non mi ero annotato nei giorni precedenti, quando avevo scritto insieme a Florian appunti per l’interpretazione che avrei voluto dai bambini per ogni canzone. Alfredo mi dice “ok si può fare” e torno dietro la telecamera, ma guardo Susy fissa negli occhi e finalmente mi faccio travolgere dal ritmo, per poter far sciogliere anche lei. Era un pò rigida in mezzo a tutti questi matti sconosciuti, quali per ora siamo io e la troupe che Sergio ha organizzato per questa produzione. E infatti l’atmosfera si scalda, Susy balla e punta il dito verso di sé, e verso di me, e muove i piedi, i fianchi, fa una giravolta, guarda in alto quando la sua canzone parla di stelle che brillano e mi sorride quando le dico che è talmente brava che la vorrei come assistente per i prossimi video e – nel mezzo della canzone che si propaga a volume alto in tutto lo studio – grido a Matteo di preparare un contratto con effetto immediato per Susy e per il cavallo con orecchie d’asino, come assistente dell’assistente.
La prima canzone finisce e Susy guarda dritto in camera, senza sapere bene cosa fare ora, Ilenia e Francesca sorridono, e io faccio un cenno ad Alfredo. Ecco che lui scopre all’improvviso un cuore gonfiabile enorme che lancia sul set, e comincia a giocare a pallavolo con Susy che respinge, schiaccia, prepara un bagher.
Peter mi avverte, “sei ancora in Rec, Davide”, “sì sì lo so, grazie!”
Florian, che ha sempre condiviso con me l’esperienza di questi video, e che ha lavorato molto anche nella pre-produzione, si volta e mi dice “i video di quest’anno spaccano, vedrai!”.
Nicole, che ha 4 anni, nel frattempo è entrata nello studio dalla ormai solita pesante porta grigia laterale, accompagnata questa volta da Beatrice, e Monica la sta preparando con i vestiti adatti per salire sul palco. Ma Nicole deve aver sentito uno strascico delle parole di Florian, perché mi chiede con aria inquisitoria “che cosa vedrai tu?”
Io fisso Monica negli occhi e poi mi inginocchio per essere alto come Nicole e le sussurro qualcosa all’orecchio. Nicole comincia a ridere come una pazza e mi dice “va bene!…sono pronta per il video della mia canzone!” Peccato che non ricordo assolutamente cosa le ho sussurrato.

(Davide Ricchiuti)

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