La banda dello Zecchino nel ricordo di un suo vecchio autore (Ferruccio Fantone)

La banda dello Zecchino nel ricordo di un suo vecchio autore (Ferruccio Fantone)

Nel lontano 1989 ricevetti una telefonata dalla RAI con la quale si chiedeva la mia disponibilità a fare l’autore di un programma per ragazzi intitolato “Il Sabato dello Zecchino”. La mia immediata tentazione fu di rispondere negativamente. In quel tempo ero già un affermato autore di spettacoli di rivista radiofonici, televisivi e teatrali e dedicarmi a uno spettacolo per ragazzi, per quanto di successo (andava in onda già da sei anni), mi sembrava come fare un passo indietro. Inoltre, il programma settimanale veniva registrato a Bologna, il che significava dovermi trasferire da Roma in quella città dal lunedì al venerdì per far ritorno a casa nel weekend. Poi ci ripensai: in quel periodo non avevo proposte per spettacoli di prima serata, per cui riflettei che in fondo trascorrere qualche mese a Bologna, una città nella quale ero stato solo di passaggio, non sarebbe stata un’esperienza negativa. Poi sarei tornato a fare l’autore di varietà.
Così partii per Bologna…e invece di pochi mesi ci rimasi per cinque anni. Cinque anni piacevolissimi. Mi piacque subito la città, l’ambiente dell’Antoniano (nel quale soprattutto si svolgeva una quotidiana opera di assistenza alle persone bisognose guidata da Padre Berardo), il regista Tonino Nieddu, il mio coautore Guerrino Gentilini, il maestro Paolo Zavallone e naturalmente Mariele Ventre e il Piccolo Coro dell’Antoniano.
Il mio primo impegno fu di apportare alcune variazioni e aggiunte al programma in modo che, pur mantenendone l’ impostazione educativa rivolta a un pubblico adolescente, risultasse più divertente. Ben coadiuvato dai conduttori Gianfranco Agus e Lisa Russo, cominciai introducendo una serie di sketches per burattini (Pulcinella, Arlecchino, il dottor Balanzone, Pantalone e altri) che avrebbero funzionato anche se eseguiti da attori in carne ed ossa. Per Topo Gigio (già da anni presente nel programma), ben supportato dalla sua creatrice e animatrice Maria Perego e dall’inconfondibile voce Peppino Mazzullo, scrissi scenette e monologhi di facile presa sul pubblico. In ogni puntata introducemmo inoltre l’intervento di attori comici di successo (ricordo con particolare piacere le dieci puntate con Franchi e Ingrassia, i quali mi confidarono di essere rimasti più che soddisfatti per la loro esibizione nel programma). Nel quale introducemmo anche balletti eseguiti da varie scuole di ballo, e naturalmente un ruolo centrale lo ebbe il Piccolo Coro diretto da Mariele Ventre che eseguì in tutte le puntate una serie di canzoni ispirate a personaggi delle fiabe, testi miei e musiche del maestro e amico Paolo Zavallone.
Ai primi conduttori del programma (che ne frattempo aveva cambiato nome in “Banda dello Zecchino”) ne succedettero altri, sempre giovanissimi, alcuni dei quali come Ettore Bassi ed Enrico Papi si affermarono in seguito in trasmissioni per adulti.
Risultato di tutte queste innovazioni fu che nelle classificazioni della SIAE il programma passò dal modesto “Dialoghi introduttivi” a “Spettacolo di varietà”.
Avevo da poco cominciato, con il gradimento di sempre, il mio sesto anno da autore del programma, quando accadde qualcosa di spiacevole, almeno per me. I dirigenti RAI del Settore Programmi per Ragazzi, con i quali avevo avuto sin dall’inizio un ottimo rapporto e ottenuto piena libertà creativa, furono sostituiti da altri, con i quali mi trovai quasi subito in disaccordo per l’imposizione di nuovi criteri di impostazione del programma e per la scelta di un gruppo di collaboratori con i quali mi fu difficile sin dai primi giorni trovare unità d’intenti. Risultato: presentai le dimissioni e le mantenni nonostante le insistenze del regista Tonino Nieddu, del mio coautore Guerrino Gentilini e perfino del caro Padre Berardo.

Detti così, con molto dispiacere, l’addio a Bologna e all’Antoniano, dove tornai qualche anno dopo, solo per dare l’ultimo saluto alla cara Mariele Ventre, improvvisamente venuta a mancare.
A distanza di oltre trent’anni, il ricordo di quell’esperienza, di quell’ambiente e di quelle persone, è ancora vivo in me. Mi sono rimasti, come visibile e tangibile testimonianza di quel periodo, due burattini, Arlecchino e Balanzone, che ricevetti come ricordo dal loro animatore. Li ho sistemati su un palchetto del del mio studio, dove li incontro ogni giorno.

Ferruccio Fantone

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