Guardavo lo Zecchino d’Oro di nascosto

Guardavo lo Zecchino d’Oro di nascosto

Il mio Zecchino d’Oro – Arianna Lattisi

Avevo cinque anni quando scoprii che non era Santa Lucia a portarmi i regali. Quella sera mi ero appostata dietro la porta e vidi mia mamma mentre sistemava in un cestino un po’ di caramelle, qualche mandarino e la musicassetta dello Zecchino d’Oro. Era il 1983 e pensai che, tutto sommato, l’importante era ricevere quel regalo.

Mani dietro la schiena, sorriso forzato, il frustino per montare le uova infilato in un bicchiere a simulare il microfono. Premevo il tasto ‘play’ e mi catapultavo in un mondo da cui ero terribilmente attratta. Avrei tanto voluto partecipare alle selezioni per lo Zecchino, ma non ho mai avuto il coraggio di chiederlo.

Ricordo le parole straniere, di cui non conoscevo il significato, che storpiavo cantandole così come mi pareva di coglierle tra i fruscii del vecchio mangiacassette; provavo a imitare le inflessioni dei bambini, persino gli eventuali difetti di pronuncia o le leggere incrinature di intonazione.

Crescendo ho finto disinteresse: guardavo lo Zecchino d’Oro di nascosto, era una cosa da bambini e io mi sentivo grande. Studiavo pianoforte al Conservatorio, dove c’era la musica ‘vera’, non le canzoncine per bambini.

Però la musica dell’Antoniano mi attirava ancora a sé: armata di matita e gomma, ipotizzavo melodie sul pentagramma sognando di sentirle cantare, un giorno, dal Piccolo Coro.

Poi sono diventata grande davvero e, soprattutto, sono diventata mamma: un’ottima occasione per tornare a guardare lo Zecchino d’Oro alla luce del sole!

Così i miei figli sono cresciuti a latte e Zecchino. I primi due non hanno assorbito granché la mia passione ma con Viola, la più piccola, il contagio è stato totale: ha voluto partecipare alle selezioni, siamo state insieme all’Antoniano a seguire una puntata e, il pomeriggio della finale, abbiamo condiviso un momento piacevole di risate, pop corn e musica. Perché non importa se hai sei anni o molti di più: dentro di te ci sarà sempre posto per un ritornello, una frase, una melodia dello Zecchino d’Oro.

Ora non fingo più disinteresse e nemmeno mi nascondo dietro la scusa di avere dei bambini: amo le canzoni dello Zecchino, sparate in macchina a tutto volume andando in ufficio mi regalano un sorriso e, se mi ritrovo a ballare al ritmo di “Radio Giungla” o a riflettere su “L’anisello Nunù” che inverte le lettere, non me ne vergogno. “Sì, davvero mi piace” il mondo Zecchino e auguro a tutti di poter conservare “Un cuore bambino”.

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