“Girati per favore! Fatti guardare bene!” di Anna Pavignano

“Girati per favore! Fatti guardare bene!” di Anna Pavignano

La televisione era ancora bianco e nero, ma ricordo ugualmente i colori dello Zecchino d’oro, avendo immaginato ogni particolare dei protagonisti e del piccolo palcoscenico che vedevo nell’ angusto schermo che avevano le televisioni di allora. Mi sarebbe piaciuto essere una concorrente oppure cantare nel Piccolo Coro dell’Antoniano, ma trovavo anche molto piacevole il ruolo del giurato . Era divertente contare i voti sulle palette e capire a colpo d’occhio se la canzone appena ascoltata era stata gradita o meno dalla giuria , facevo il tifo per la mia preferita e provavo una forte delusione quando i miei gusti non corrispondevano a quelli dei giurati. Speravo che Mago Zurlì condividesse le mie preferenze e intervenisse, e invece era sempre così maledettamente neutrale! Quello dello Zecchino d’oro era però, dal mio punto di vista di bambina piemontese, lontana da Bologna e dall’Antoniano, un mondo affascinante quanto irraggiungibile e non ho mai nemmeno pensato di potervi partecipare.

Quello stesso mondo è tornato prepotentemente nella mia vita con la richiesta da parte della Produzione Leone Cinematografica e della Rai, di scrivere il film che lo racconta, fiction andata in onda a novembre 2019 su Rai 1. E’ stato un percorso che mi ha fatto ricostruire gli anni della mia infanzia e l’aria che si respirava intorno. E’ stato bello mettere e ritrovare qualcosa di me in tutti i personaggi, ma specialmente in quelli femminili. Dalla madre di Mimmo, il protagonista, alla piccola Caterina, che forse è quella che somiglia di più a me bambina: studiosa, educata, perfettamente rispondente ai desideri dei genitori, ma con qualcosa di ribelle e un senso della giustizia innato, che nessuno le ha insegnato; d’istinto Caterina sa di voler scegliere le persone in base al loro valore e non per la loro condizione sociale, come vorrebbero i suoi genitori. Caterina è pronta, nonostante l’amore per mamma e papà, a mettersi contro di loro, addirittura a scappare di casa, per difendere l’amicizia e non accettare l’atteggiamento discriminatorio che hanno i suoi genitori nei confronti di Mimmo, figlio di operai ed emigrante.

C’era un desiderio che avevo da piccola, quando vedevo lo Zecchino, ed era quello di vedere Mariele. Quando la scorgevo di spalle, a dirigere il Coro, c’era in me una vocina che diceva “Girati per favore! Fatti guardare bene!”, ma lei era sempre coperta, un po’ nascosta e quando si voltava per prendere l’applauso, lo faceva con tale discrezione che di lei non mi rimaneva, ogni volta, che un’idea sfuocata. Ecco, scrivere ‘I ragazzi dello Zecchino d’oro’ è stato anche ottenere che Mariele finalmente si girasse verso di me, uscisse dalla sua discrezione e si svelasse come una bellissima persona . Mariele mi ha parlato dai tanti testi scritti su di lei o lasciati da lei direttamente, dalla personale testimonianza di Ambrogio Lo Giudice, il regista, che ha fatto parte del Coro per molti anni, e poi attraverso le parole di sua sorella, Maria Antonietta, che l’ha raccontata con affetto e senza retorica. Spesso è difficile scrivere le storia di personaggi reali, raccontare vite di altri senza scontentare chi ne ha fatto parte, ed è stato molto gratificante per me e per le altre persone con me hanno scritto la sceneggiatura, Carlotta Veroni e lo stesso regista, sapere che Maria Antonietta ha amato il ritratto che il film “I ragazzi dello Zecchino” restituisce della sorella, del suo carattere e dei suoi ideali.

Anna Pavignano

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