La prima volta che vidi Gina Basso ero poco più che una ragazzina, appena diplomata, all’inizio degli studi universitari patavini, avevo ricevuto un’offerta di lavoro che mi entusiasmava: affiancare una giornalista (vera!) all’ufficio stampa della Federazione nazionale hockey e pattinaggio. Avevo un passato di atleta – allora si pattinava con le quattro rotelle ai piedi, non andavano ancora di moda i roller, i pattini in linea – e la mia esperienza avrebbe supportato, secondo il presidente della Fihp, una professionista in un lavoro delicato: raccontare gli eventi di rilievo anche per i non addetti ai lavori. Il presente erano gli studi in Lettere e i primi passi nel mondo della carta stampata, con la gavetta nel settimanale diocesano di Treviso, la mia città natale.
Alla stazione ferroviaria di Rimini, dove si sarebbe svolti i campionati italiani di pattinaggio artistico, Gina mi accolse a braccia aperte, con il suo inconfondibile sorriso, la sua energia, la professionalità e la generosità nel mettere a disposizione la sua esperienza senza farla pesare.
Per la tesi di laurea giunsi a Roma alla metà degli anni Ottanta, la rincontrai e da lì nacque un sodalizio e un’amicizia fatta di stima reciproca, di fiducia e rispetto.
Mi permise di sbirciare dietro le quinte di alcune tra le trasmissioni più in voga della Rai, lei aveva seguito il Cantagiro come addetta stampa e io rimanevo incantata ad ascoltarla. Tra tutte mi è rimasta impressa l’immagine del gigantesco registratore con cui si muoveva tra cantanti e divi dello spettacolo. Era uno strumento davvero pesante, che oggi fatichiamo a concepire, non capisco ancora come potesse trasportarlo. Poi è nata l’avventura allo Zecchino d’Oro, una scuola professionale e di vita. Mi sono divertita tantissimo a Bologna, ho imparato tantissimo con lei, seguendo la maestra del coro dell’Antoniano, Mariele Ventre, una figura esile dotata di un forza incredibile, i bravissimi bambini del coro, i solisti “che non bisogna pompare troppo nei comunicati perché a vincere non sono i bambini ma le canzoni, cerchiamo di non creare mini-divi” erano la parole ricorrenti di padre Berardo Rossi, sempre attento a non dimenticare i valori fondanti di una manifestazione speciale, in cui protagonista era ed è il mondo bambino, accostato con gli occhi dei più piccoli. Testi originali, mai banali, musica orecchiabile, realizzata da professionisti.
Il lavoro dell’ufficio stampa non risulta visibile ai più. Si devono preparare articoli, comunicati, interviste per giornali, radio e televisioni (oggi anche on line) che Gina curava con cura, personalizzando ciascuno testo e legando al territorio a cui si rivolgeva. Faccio un esempio: se tra i cantanti solisti c’era un bambino trevigiano, lei preparava un comunicato adatto per le testate del territorio (Gazzettino, Rai Veneto, Tribuna ecc…) inserendo dati specifici, magari una battuta con il bambino e la famiglia, una nota sulla canzone. E così via. Eravamo in tre: io Gina ed un collega siciliano (“così diversifichiamo meglio i testi e li miriamo alle diverse regioni”).
Si lavorava tantissimo fino a tarda sera, con il supporto dell’infaticabile sorella di Gina, Lidia, altrettanto sorridente e piena d’energia. Perché la famiglia è importante, soprattutto per chi vive lontano.
A Bologna Gina poi ci tornò definitivamente, dopo aver lasciato il lavoro e Roma, per concludere la sua vita a pochi passi dalle piazza Grande.
Io voglio ricordarla ancora mentre inforca gli occhiali, legge le nostre bozze e dice: “Sì, bene, aggiungiamo un po’ qui, togliamo un po’ là”, senza mai essere offensiva, insegnando con dolcezza e decisione insieme.
Osservare uno spettacolo in diretta Rai come lo Zecchino d’Oro dietro le quinte, quando l’aria si fa elettrica e Mago Zurlì (ovvero Cino Tortorella) camminava avanti e indietro aspettando il via del regista è un’emozione indescrivibile. E anche da lì, pur vedendo tutti al lavoro a pochi passi da te, Topo Gigio ti sembra reale e gli parli come fai ad un amico. La distanza tra bambini e adulti si riduce, le persone di qualsiasi età restano incantati dalla possibilità di volare sulle ali della fantasia in un mondo dove tutto può accadere. E talvolta accade.
Qualche mese fa, presentando un libro di fiabe e leggende (eh sì, ho conservato quello stupore verso il mondo visibile e invisibile) mi sono trovata di fronte ad una scuola a pochi chilometri da Treviso, in attesa degli organizzatori dell’evento. Una casetta piena di libri ha attratto la mia attenzione: era un progetto “gira libro” per veicolare il piacere della lettura, mettendo a disposizione testi di narrativa.
“Non è possibile!” ho esclamato dentro di me mentre osservavo un titolo in primo piano: “Il coraggio di parlare”, firmato Gina Basso. Un romanzo per ragazzi che conoscevo bene, ambientato in Calabria, un atto coraggioso contro la ‘ndrangheta e il malaffare. Un impegno sociale che io continuo nel mio piccolo nei libri in cui pongo l’attenzione sulla pace, i diritti umani, l’ambiente chiedendo aiuto a fate e folletti nelle storie che spesso hanno radici reali, come avviene nell’universo delle leggende. E mi piace pensare a Gina come ad una fata delle parole. Così ho pensato: lei è ancora tra noi, è accanto a noi e ho letto questa “coincidenza” come un segnale.
I nostri cari, le persone a cui abbiamo voluto bene, in fondo sono più vicini di quanto pensiamo, purtroppo non sempre abbiamo occhi per vedere. La corsa continua, i mille impegni quotidiani, le cose da fare in questa esistenza sempre più frenetica ci travolgono.
E poi arrivano momenti come questi e sono lampi di luce che illuminano la giornata e la vita stessa, facendoci sentire meno soli.
Laura Simeoni
Giornalista free lance, classe 1962, laureata in Letteratura contemporanea all’Università di Padova, diploma in giornalismo all’istituto superiore di Scienze Sociali Nicolò Rezzara di Vicenza. Vive a Treviso ma si sente cittadina del mondo. Ama scrivere per chi non ha perduto il cuore bambino e si muove da anni tra fate, folletti, streghe e basilischi. Ha pubblicato diversi libri legati al mondo delle tradizioni popolari, recuperando antiche leggende del territorio triveneto.
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