Connessi dai legami invisibili della memoria

Connessi dai legami invisibili della memoria

1967. Quando con riluttanza ho fatto il provino per lo Zecchino d’oro avevo 5anni e mezzo e cantai ‘C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones’, fui scartato subito per la gara, ma poiché ridevano tutti, preso per il divertimento. Così sono entrato nel Piccolo coro dell’Antoniano. Non per cantare, per quello una soluzione si poteva trovare ma per utilizzarmi all’occorrenza come intrattenimento. Io amavo cantare, cantavo sempre a squarciagola, senza voce, ma cantavo. Cosi Mariele dopo avermi rassicurato che ero intonato ma che avevo una voce afona come la sua, mi insegnò a cantare in playback, la grande arte del muovere la bocca a tempo! Mariele mi guardava e si divertiva della mia vivacità, per poi pizzicarmi quando avevo uno slancio di canto vero uscendo dal playback. Fin dall’inizio mi infilavano a consegnare premi, mi intervistavano, nelle trasmissioni ero posizionato in prima fila, un remigino, un giullare, un giocatore ai dadi, un cantante insomma…
Ho letto molte storie e le capisco, le conosco, le ho respirate, perché per tutti noi che abbiamo vissuto la vita del Coro all’Antoniano è proprio stata l’età dell’oro. Un’età che ci rendeva partecipi di una realtà speciale, sospesa, fatta di vita collegiale proprio giorno dopo giorno, anno dopo anno, viaggio dopo viaggio. Tutti andavamo a scuola ma i bambini quelli con cui si giocava erano nel coro. Se provo a ricordare i volti di quegli anni sono lì: i rivali, le prime fidanzatine, quelli bravi a giocare a pallone e quelli disposti a rischiare i rimproveri per un’indisciplina e a fare banda con te, erano lì in mezzo a loro. Erano nei viaggi in pullman dove scappavi senza cinture in fondo ai posti, tra le risate, i canti e le grida gioiose e i musi lunghi quando dovevi tornare al tuo posto. Che cattiveria, pensavi! Un micromondo sospeso dentro un luna park di interi pomeriggi e giornate, in ebra lontananza dai genitori, durante le avventurose trasmissioni televisive, dove a volte solo qualche minuto di registrazione era preceduto da ore e ore a passare il tempo insieme; o come durante i pre- e post- concerti, le lunghe ore in sala di registrazione, dove ti emozionavi e ti scatenavi insieme. E in tutto questo, una sola persona che serrava i ranghi e dava ordine al caos fanciullesco, Liliana, che non paga di due figli suoi, ne disciplinava più o meno 90 alle necessita di Mariele, per i registi televisivi, per Cino Tortorella, per organizzatori e genitori. Provavamo tutti per Mariele un sentimento complesso, negli interludi era defilata, delicata, minuta; ma qualche secondo prima della musica si trasformava in creatura Mitologica, le sue mani, i suoi occhi ardenti e la sua mimica appartenevano a un’altra dimensione. Padre Berardo era l’orologiaio delle nostre vicende simboliche, creando nomignoli e rivali, tesseva e costruiva storie e personaggi che diventavano allo stesso tempo le nostre storie i nostri personaggi. Così quando ti “battezzava “con un soprannome (per antonomasia) quello era il tuo nome con cui tutti ti conoscevano, e quello vero spesso nessuno lo sapeva. Un Gigante buono che ci regalava sempre una parola di affettuosa simpatia. Rimane ancora oggi il sapore dolce e soffuso di quegli anni, come un battito di ciglia, fotogrammi in bianco e nero, che si presentano improvvisi nella vita di chi li ha vissuti, un eco silenzioso in cui ci riconosciamo, connessi dai legami invisibili della memoria. Ringrazio Francesca per la volontà di raccogliere con tenacia e passione questo scrigno di vissuto, ringraziamo le nostre famiglie, con una particolare menzione ai nonni, che con pazienza ci hanno aspettato fuori dalle scene per tanti anni. E non ultimo Aldo, l’occhio e l’anima, la presenza assenza costante dietro gli splendidi fotogrammi che sostanziano la nostra memoria. Porto nel cuore tutte le persone che non sono più con noi ma con i quali ho condiviso tanti momenti felici.
Massimo Rustici

La luna dei bambini: la telecronaca dell’allunaggio di Cino Tortorella
Durante la diretta dello sbarco sulla luna del 20-21 luglio 1969, Cino Tortorella anima un dibattito intitolato ‘Tribuna speciale per i futuri viaggiatori dello Spazio’, dove pone domande sull’era spaziale ad alcuni bambini e agli esperti presenti negli studi Rai di Milano. Il tutto è costellato dalle canzoncine dedicate al tema della luna e dello Spazio che parteciparono allo Zecchino d’Oro di quegli anni, eseguite dai piccoli cantanti e dal Coro dell’Antoniano” si espone in una nota dalla tv di Stato.


Domenica 31 dicembre 1972- Da Natale all’anno nuovo – Giochiamo cantando,cantiamo giocando-Dall’Antoniano di Bologna.
Spezzoni della trasmissione “Giochiamo cantando,cantiamo giocando” dove Andrea e Massimo, presentano nello studio televisivo dell’Antoniano di Bologna, del gioco dell’oca tra tiri di dado, canzoni e penitenze. I giocatori sono tutti bambini del Piccolo Coro dell’Antoniano.

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