Mariele è stata un modello di vita per tanti di noi. Grazie alle sue azioni e alle sue parole, non abbiamo solo imparato a cantare, ma anche a sviluppare l’intelligenza emotiva.
Negli anni ‘80, nessuno parlava di diversità e inclusione. Ma Mariele lo faceva, senza bisogno che venisse discusso. Ho impresso nella mente il suo viaggio in Africa e il racconto dei bimbi che aveva incontrato. Ho un ricordo bellissimo di quando, tra un’incisione e l’altra, mi portava alla mensa dei poveri. E non posso dimenticare quando mi fece ringraziare alla Radio la mia nonna, che veniva da un’altra regione, ma mi aveva accompagnata tutti i giorni all’Antoniano per le prove del coro. Mariele notava le piccole cose in noi e ci aiutava a crescere, insegnandoci a essere generosi e a non dimenticare i veri valori della vita. Non tutti abbiamo avuto una vita semplice o una famiglia “regolare”, e lei è stato come un secondo genitore che ci guidava a prendere sempre la decisione giusta.
Ora sono un’insegnante, e se tanti mi dicono che ho una sensibilità particolare con i miei studenti, penso sia molto dovuto al ruolo che Mariele ha avuto per me. Penso che essere una brava educatrice significhi avere la capacità di valorizzare chiunque, perché ognuno di noi ha qualcosa da insegnare agli altri. Significa essere contenti per i successi altrui. Significa essere sinceri e spontanei, connettersi con gli altri e mostrare le proprie vulnerabilità e capire che avvicinarsi agli altri non è un segno di debolezza, ma di grande forza.
Più di tutto, Mariele ci ha insegnato a sorridere, sempre. Amo fare lo stesso con le persone che mi sono attorno.
Questa è una mia foto a Quito, Ecuador, con una signora che vende una buonissima frittella fatta da lei, davanti a una Chiesa. Probabilmente non in molti si avvicinano a lei. Qui la sua gioia, espressa in un sorriso.
Marta
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